
Il risultato di queste due operazioni è il sacrosanto diritto di essere almeno
un po’ incazzati.
#capire, #accettare, #vita,
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Sono passati tre anni e mezzo. Cosa ho vissuto e continuo a viverlo lo può capire solo chi combatte una guerra simile alla nostra. Vedere una persona cara, nel mio caso mia moglie, cambiare di giorno in giorno consumata dalla malattia. Vivere con il timer acceso, una scadenza che preme, le statistiche che pesano come un macigno. Sì lo so, le statistiche non andrebbero considerate. Ma io non l’ho fatto finché non mi si sono palesate davanti. Ho conosciuto persone speciali, abbiamo condiviso le nostre paure e il nostro dolore. Ho sperato e pregato per ognuno di loro. Ho sentito le perdite sulla mia pelle. La malattia è una gran maestra, ti insegna che potresti non avere una seconda opportunità, un domani per abbracciare chi ami. Ti insegna a farlo oggi.
Io ho iniziato a vivere mia moglie intensamente, a dirle che le voglio bene ogni giorno,ad accarezzarla, a farla ridere, a cucinare ciò che le va, a camminare con lei sottobraccio, a tenerle la mano durante le visite. Penso di essere stato un bravo marito,ma oggi lo sono ancora di piu’. Sono cresciuto “emozionalmente “. E questo maledetto astrocitoma mi ha dato una bella frustata. Adesso vorrei che leggessero tutti i figli, tutti i fratelli, tutti gli amici, tutti i compagni: la malattia è una zavorra da portare. Noi siamo solo spettatori sofferenti. Chi ha un tumore può aver paura, soffre, subisce il corpo che cambia. Non posso più accettare di vedere persone sole a una visita, a una pet, a casa. Non posso più sentirle dire che il figlio,la moglie,il marito lavora o ha bimbi piccoli, non ha tempo, è lontano. Questa è la vita, gente. Svegliatevi. Amate oggi, non permettete che qualcuno che amate viva tutto questo in solitudine. Non permettete che si senta solo. Io lavoro e ho una mia attività se non lavoro non guadagno, nessuno mi paga malattia o ferie. Ma sti cazzi, quella è mia moglie. Ho due bimbi piccoli, gli sto insegnando che la famiglia, gli affetti valgono più di qualsiasi cosa. Non ci sono scuse, non ci sono priorità davanti all’amore. Non so se potrò salvarla ma nonostante questo non mi fermerò mai nel tentativo di farlo. Ma posso farla sentire amata. Dare valore alla sua lotta. Darle la voglia di resistere e tentare. Ogni essere umano lo merita. Ogni padre. Ogni figlio ogni fratello, ogni compagno di vita. Magari non farà la differenza, ma io le starò accanto a mio modo fino all’ultimo. Senza scuse, senza giustificazioni. Non posso darle una vita lunga ma posso darle una vita felice, con l’amore e la speranza.
Sempre con te.
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Osservando la Carmen di Marc Chagall, ci viene ricordata la sua complessità e bellezza. Conosciuta come l’opera grafica più preziosa di Chagall, Carmen prende il nome dall’opera di Georges Bizet. Traducendo un dettaglio del suo murale “Triumph of Music” installato al Metropolitan Opera, Chagall ha lavorato per mesi per perfezionare la litografia su larga scala. Rispecchiando la trama intricata, la composizione include alcuni dettagli che catturano l’attenzione dello spettatore. In primo luogo, vi è la figura centrale del suonatore di mandolino, un ritratto segreto di Rudolf Bing, che aveva commissionato l’originale decorazione a parete come direttore dell’Opera. Questo musicista probabilmente rappresenta il torero Escamillo, che gareggia per l’amore di Carmen con un soldato ugualmente colpito, Don José. Partecipando alla lunga tradizione di onorare i clienti con un ritratto nascosto, Chagall intreccia tutti i lati della sua arte folle, stravagante e completamente moderna. Carmen contiene riferimenti a molti aspetti della tragicomica storia dell’opera: Don José tiene in mano un pugnale, presagendo il suo appassionato omicidio della donna che ama dopo averlo respinto; una corrida in un minuscolo anello in cima ricorda l’occupazione di questo secondo amante. In un colpo di scena finale, lo skyline illuminato di New York colloca questa vecchia storia d’amore perduta in un contesto urbano del XX secolo.
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Lo rimpiangeremo, ogni uomo prima o poi rimpiange di aver perso la donna che lo ha atteso per troppo tempo. Troppo. Fino a non poterne più.
Amici miei datemi retta, una donna di spessore vale sempre la pena. Vale bene qualche rinuncia, qualche sacrificio. Vale.
E non credete alle commedie romantiche di Hollywood, quelle dove una donna innamorata aspetta fedele e sopporta qualsiasi cosa.
Aspetta tutto il tempo necessario affinché un uomo capisca cosa vuole dalla vita, che costruisca la sua carriera, che si decida finalmente ad assumersi la responsabilità di un impegno serio.
E vissero felici e contenti.
Fantastico vero?
Beh, sarebbe fantastico se vivessimo in una commedia romantica.
Ma la realtà è diversa. Al giorno d’oggi, una donna concede una possibilità. Forse una seconda, al massimo una terza se un uomo è particolarmente fortunato.
Ma quando decide che è finita, è finita per sempre e niente e nessuno le faranno cambiare idea.
Amici cari, le donne ci danno più possibilità di quelle che meritiamo. Perché?
Perché spesso si innamorano del potenziale che vedono in noi. Credono che un giorno verrà fuori per renderci uomini migliori.
Credono che un uomo possa cambiare, che si dimostri all’altezza delle capacità che intravedono in lui.
Questa è la ragione principale per cui molte donne rimangono a lungo in rapporti terribili e violenti.
Ma quando una donna si rende conto di averne avuto abbastanza, non si può più tornare indietro. È finita. Per sempre.
Inizierà a riassaporare la bellezza della libertà, a recuperare tutto il suo tempo sprecato, a ricaricare le energie prosciugate.
Lo farà riappropriandosi della sua vita e chiudendo porte e finestre al passato
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Che bella Bologna baciata dal sole, con i suoi portici, le piazze, le torri. La Bologna della gente, delle persone, la Bologna universitaria sempre piena di vita e di stimoli. Girare per il centro è un tuffo nella storia e nella bellezza della nostra Italia. Francesco Renga
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