Ivan Pili – iperrealismo “non fotografico”

Non è una foto ma un’opera del pittore Ivan Pili.
Ivan Pili, musicista concertista, compositore e artista figurativo, nasce a Cagliari nel 1976.
Alla fine del 2014 riprende, in maniera del tutto casuale, il percorso artistico pittorico collaborando nella realizzazione di un dipinto parietale in Germania.
Da qui viene notato e immediatamente sopraggiungono delle richieste ufficiali per la realizzazione di altri “murales”. La diffusione delle immagini mediante i social media portarono le prime richieste di partecipazioni a delle mostre collettive.
È datata 6 febbraio 2015 la prima presentazione di un’opera in una mostra collettiva. Il primo periodo è caratterizzato da supporti di piccole-medie dimensioni e l’utilizzo dei colori acrilici, ma Ivan Pili brucia le tappe e dopo pochissimi lavori si dedica totalmente all’utilizzo dei colori ad olio.
I suoi primi soggetti riportano al figurativo. Nonostante qualche tentativo paesaggistico e di nature morte, sarà il figurativo la vera vocazione di Ivan Pili. Travolto dalla scia emotiva e nonostante le sue opere richiedono delle lunghe gestazioni tipiche del realismo, la sua produzione è tale al punto che nel già mese di luglio 2015 è pronto per la sua prima mostra personale presso il palazzo sant’Agostino, sede della Provincia di Salerno.
Da qui in poi è l’inizio di una nuova fase sperimentale sempre in crescendo, sia in abilità e sia in dimensioni di supporti, affinando in tempi rapidissimi tutte le tecniche che lo porteranno agli inizi del 2016 a perfezionarsi nell’iperrealismo “non fotografico”, bensì andando “oltre” la fotografia. I soggetti sempre rimanendo nell’ambito del figurativo, sono i più diversi e sempre diverse le situazioni di luce (che il Pili altera a proprio piacimento e con disarmante facilità), di essenza minimalista scenografica e di espressività.

Franco Basaglia

Cento anni fa esatti nasceva uno degli italiani più importanti, malinterpretati e infine dimenticati del Novecento: Franco Basaglia. L’uomo che, contro l’intero establishment psichiatrico dell’epoca, firmò una delle leggi civili più rivoluzionarie che siano mai state scritte: la 180 del 1978, meglio nota semplicemente come legge Basaglia, che sancì la chiusura dei manicomi, un profondo rinnovamento del modo stesso in cui la società si approcciava al disagio mentale e una ridefinizione del concetto stesso di malattia mentale e paziente psichiatrico, non più visto come pazzo, folle o anormale ma semplicemente come una persona.
Franco Basaglia è stato un visionario. Troppo avanti rispetto ai tempi, al punto che ancora oggi le sue idee sono state rimesse in discussione, tradita nei fatti la seconda parte della legge, quella che prevedeva una nuova presa in carico della salute mentale da parte della sanità pubblica all’insegna dei diritti e dell’inclusione e che, invece, è finita per diventare una delega in bianco alle famiglie e alla società intera, senza alcun strumento economico e sociale per poterlo fare.
Forse in questo senso Basaglia è stato un utopista. Vedeva cose che altri non vedevano e indicava strade che nessuno era in grado di realizzare. Capita, ai rivoluzionari.
Questa società bigotta uno come Basaglia non l’ha mai fino in fondo capito. E, non potendolo capire, ha preferito cancellarlo, dimenticarlo, ostracizzarlo.
Sono passati cento anni dalla nascita e quarantaquattro dal tumore al cervello che se lo portò via in pochi mesi nell’agosto del 1980, due anni appena dopo l’approvazione della legge che porterà il suo nome.
Di lui oggi restano una legge straordinaria e incompiuta, i testamenti traditi, un’eredità lasciata a metà. E una frase in cui si scorge, in negativo, la fotografia esatta di una sconfitta.
“La società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia”.
La verità è che rifiutando la follia abbiamo rinunciato anche alla ragione.
Non è Franco Basaglia che oggi manca. Siamo noi che abbiamo mancato.

Roberto Vecchioni – solo chi ha cura dell’anima può parlare e “sentire” così

“I miei quattro figli sono come le stagioni.
Arrigo, che non c’è più, è il mio dolce inverno, perché sotto la neve c’è sempre qualcosa, l’erba continua a crescere.
Lo penso e lo vedo tutte le notti.
La vita è eterna e meravigliosa.”
Roberto Vecchioni

La spettacolare raccolta dei mirtilli rossi in Canada.

Si tratta dei “cranberry”, conosciuto come mirtillo rosso americano o ossicocco (Vaccinium macrocarpon). Frutto simbolo delle terre nord americane, è coltivato nelle provincie atlantiche del Paese.
Quando è il momento della raccolta, da fine settembre a metà ottobre, i campi vengono letteralmente allagati fino a ottenere un’acqua profonda circa 10 centimetri: poi si usano macchine scuotitrici che agitano i cespugli per fare cadere i frutti.
E a questo punto i mirtilli affiorano in superficie e galleggiano grazie alle bolle d’aria al loro interno. Così è molto più facile raccoglierli usando una pompa aspiratrice e, inoltre, si crea un panorama davvero spettacolare, con queste distese immense di piccole palline rosse galleggi.
Il mirtillo “annacquato” deve essere lavorato al più presto, perché da bagnato non riesce a conservarsi a lungo come quando è raccolto “a secco”, ed è per questo che questa particolare raccolta viene fatta solo per il prodotto destinato alla lavorazione industriale.

Faro ghiacciato a Saint Joseph Pier – Michigan – Stati Uniti d’America.

Ph. Tom Gill

Spettacolare scultura di ghiaccio creata dal vento e dalle onde.
Il fotografo Tom Gill ha immortalato con qualche scatto il fenomeno. Questa “scultura” è incredibile perché sembra che il ghiaccio segua la corrente ed il vento mentre il realtà è solido. E’ come se il ghiaccio fosse leggero come piume che ondeggiano al vento, dando senso di movimento al faro immobile.

“È un amore impossibile” – poesia di Sesto Aurelio Properzio

“E’ un amore impossibile” – mi dici.

“E’ un amore impossibile” – ti dico.

Ma scopri che sorridi se mi guardi,

e scopro che sorrido se ti vedo.

“Di notte” – tu confessi – “io ti penso… Ti penso giorno e notte, e mi domando se stai pensando a me, mentre ti penso. ..La società, le regole, i doveri… ma tremi quando stringo le tue mani.”

“Meglio felici o meglio allineati?”– Ti chiedo.-

E il tuo sorriso accende il giorno, cambiando veste ad ogni mio pensiero.

“Questo amore è possibile” – ti dico.

“Questo amore è possibile” – mi dici.

(Sesto Aurelio Properzio, Assisi, circa 47 a.C. – Roma, 14 a.C.)




Giappone – esempio di rispetto per l’ambiente

Un albero di Persea di 165 anni, è pronto per il trapianto. In Giappone, quando un albero deve lasciare il posto a un nuovo cantiere o strada, non vengono risparmiati mezzi, risorse e manodopera per effettuare il suo trasferimento e garantirne la sopravvivenza nella nuova posizione.
È una questione culturale per il Giappone, dove gli alberi, la loro vita e la loro longevità godono di profondo rispetto.